Dagherrotipo
Il dagherrotipo si realizzava su di una lastra di rame argentato lucidata fino a diventare uno specchio che poi veniva sensibilizzata con uno strato di ioduro di argento. Posta poi nell’apparecchio di ripresa veniva esposta per svariati minuti (tra i 10 e i 15). La lastra veniva successivamente sviluppata mediante vapori di mercurio che legandosi all’argento esposto formava un amalgama biancastra. Il rimanente ioduro d’argento non esposto veniva stabilizzato inizialmente con una soluzione di cloruro di sodio (sale da cucina) e in seguito, dopo gli studi di John Herschel con tiosolfato di sodio. Con i miglioramenti delle ottiche i tempi di esposizione scesero di molto ma non arrivarono mai a meno di 10 secondi.
Il dagherrotipo possiede alcuni svantaggi che lo portano a essere un vicolo cieco: 1. la lastra di rame lucida è difficile da osservare apparendo a seconda dell’angolazione un positivo o un negativo, 2. l’immagine, essendo un positivo diretto, è invertita lateralmente, 3. essendo una lastra metallica non può essere adoperata come negativo. Inoltre la lastra era molto delicata e l’argento tendeva ad annerire, veniva quindi montato in contenitori sigillati ricoperti da vetro che li rendevano comunque oggetti costosi e di lusso. Molto spesso erano colorati a mano. Al contrario però la resa dei dettagli del dagherrotipo è ottima e ciò lo rendeva, con il suo essere un pezzo unico, molto ambita per i ritratti. Per questo motivo rimane in uso quasi fino alla fine del secolo XIX. Anche l’attrezzatura era costosa, 400 franchi. All’epoca un operaio guadagnava 10 franchi al mese e con un franco si noleggiava per un giorno carrozza, cavallo e cocchiere.